Il
vetro fin dall'antichità è fabbricato con tre ingredienti principali:
un
vetrificante, la silice, un fondente,soda
o potassa sotto forma di solfato o carbonato e uno stabilizzante,
la calce.
Questi tre elementi finemente triturati e polverizzati, in passato
erano posti in un crogiolo in proporzioni variabili e portati alla
fusione ad alte temperature. I silicati sono l'elemento principale
e si ottenevano direttamente dalla sabbia, oppure da scaglie
di quarzo, ciottoli e pietra arenaria. Naturalmente
si preferiva la sabbia dato che per gli altri materiali bisognava
procedere alla loro frantumazione e triturazione. Poiché la sabbia
raggiunge il punto di fusione solo a temperature elevatissime era
necessario mescolarla ad
altre
sostanze che agevolavano questo processo abbassando la temperatura
di fusione.
Questi
erano gli alcali, che permettevano di fondere la miscela
a temperature più basse e di mantenere la massa vetrosa il più a
lungo malleabile per rendere più facile la sua lavorazione.
Gli alcali potevano avere origine minerale, come ad esempio la soda
contenuta nel nitro, oppure origine vegetale, di più facile reperimento.
Gli alcali, perciò, venivano ricavati dalla cenere di alcune piante,
che purificate per sublimazione, davano principalmente composti
di carbonato di sodio. A seconda che venissero usate piante originarie
del mediterraneo, come la salicornia,
si otteneva un fondente sodico, oppure se utilizzate piante
boschive, come la felce o il faggio, si ricavava un fondente
potassico. L'aggiunta di quantità eccessive di alcali nella
mistura, comportava una diminuzione della durevolezza del vetro,
aumentandone la solubilità nell'acqua. Per questo venivano usati
degli stabilizzatori come l'ossido di calcio che bilanciano
l'effetto deleterio degli alcali. Sulla base dei risultati delle
indagini chimiche dei reperti archeologici, si è potuto osservare
il passaggio dalla fabbricazione di vetri sodici nell'età romana
alla fabbricazione di vetri potassici nel medioevo. Tuttavia l'introduzione
delle ceneri vegetali nella composizione del vetro non eliminò totalmente
l'uso del nitro, che veniva importato dai paesi dell'oriente.
-
cenere di piante: salicornia (carbonato di sodio); felce o
faggio (carbonato di potassio)
- salnitro (soda)
STABILIZZANTE
-
ossidi alcalino-terrosi
es. di calcio
-
soda
COLORANTI
E DECOLORANTI
-
ossidi o sali metallici
MATERIALE
VITREO DA RECICLARE
-
come materia vetrificante e come fondente
-
vasellame rotto
- scarti di officina
- tessere di mosaico
Il terzo componente, il carbonato di calcio, presente già
nella sabbia sotto forma di conchiglie frantumate, serviva a rendere
insolubile il vetro nell'acqua e allo stesso tempo a renderlo più
resistente. Un altro gruppo di ingredienti è dato dagli ossidi
che hanno la funzione di colorare il vetro. Gli ossidi di ferro
erano spesso presenti nelle sabbie usate, per cui la loro presenza
conferiva un colore verdastro al vetro, perciò non scelto deliberatamente
dai vetrai. Per attenuare questa colorazione venivano usati degli
ossidi di manganese o l'antimonio che permetteva di ottenere un
vetro incolore. La colorazione nell'antichità era un processo complicato
che dipendeva sia dall'utilizzazione dei vari ossidi metallici,
che dalle condizioni di cottura raggiunte nella fornace, ossia il
controllo della atmosfera che poteva essere ossidante o riducente.
Un ultimo elemento, non privo di importanza era costituito dai frammenti
di vetro, come vasi rotti o scarti di lavorazione, aggiunti
agli altri ingredienti per accelerne la fusione.
A seconda della qualità e della proporzione dei suoi componenti
il
vetro può distinguersi in tre gruppi principali:
vetro sodio calcici; vetro potassio calcici; vetri piombo
potassici o cristalli.
Tecniche
di fabbricazione del vetro piano
Inizialmente
i procedimenti di fabbricazione erano il frutto di esperimenti e
tentativi empirici; l'uso dei materiali provenienti da diversi luoghi
era custodito geleosamente nei ricettari e dai segreti delle
tradizioni dei vetrai. La maggior parte dei vetri prodotti al principio,
era opaca o traslucida come conseguenza della bassa temperatura
di fusione che faceva sì che piccole bolle rimanessero intrappolate
nella pasta vitrea al momento del raffreddamento. L'alta temperatura
di fusione infatti riduce la viscosità del vetro e permette alle
bollicine d'aria di liberarsi dall'impasto.
Oltre al problema delle materie prime, il processo di produzione
del vetro richiedeva una fonte di combustibile, come la legna, una
fornace e contenitori e crogioli fatti di materiale refrattario.
Gli strumenti per la produzione del vetro sono rimasti inalterati
nel tempo, ma le tecnologie dei materiali, delle fornaci e delle
lavorazioni del vetro si sono evolute.
Metodo
della soffiatura
Per
ottenere una lastra di vetro soffiato si segue un procedimento che
non è mai cambiato nei secoli precedenti. Si parte da un piccola
quantità di vetro fuso in fornace che viene raccolta da una lunga
canna cava, e estratta dal forno viene soffiata con un movimento
rotatorio: la "palla" ottenuta, facendola oscillare, e riscaldandola
di quando in quando nel forno, si trasforma in un cilindro.
A quel punto, se ne tagliano le basi e praticando un taglio longitudinale
si ricava la lastra. Posta nel forno per la tempera verrà portata
molto lentamente al raffreddamento. In questa fase del processo
di lavorazione, la lastra raggiunge la temperatura ambientale senza
provocare le tensioni porterebbero alla rottura.
Soffiatura
nello stampo
Un'altra
modalità è quella di soffiare il vetro in una forma cilindrica
di legno o di metallo. Se la forma è in legno, il vetro non avrà
quasi alcuna irregolarità superficiale. Al contrario, in una forma
di metallo si formeranno sulla superficie del vetro segni, striature
e increspature. Il resto del procedimento è identico a quello seguito
nella soffiatura tradizionale. Ogni lastra acquista effetti diversi
nelle sfumature di colore, nell'intensità e nello spessore che varia
in continuazione; in genere, lo spessore maggiore si ha nella parte
in cui la lastra è stata aperta e minore nella parte centrale.
Vetro
placcato
Per
avere lastre si vetro colorate si ricorreva anche al procedimento
della placcatura di un vetro con un sottile strato di vetro colorato.
Un nucleo di vetro incolore veniva immerso nell'impasto di vetro
colorato che soffiato dava una lastra formata da due strati.
Questa tecnica veniva usata soprattutto per il vetro blu e quello
rosso, e permetteva di ottenere degli effetti particolari grazie
all'incisione dello strato colorato. Il colore rosso, in particolare
era di un tono così denso da non permettere una sufficiente trasmissione
di luce, così si rendeva indispensabile la placcatura. Le tessere di vetro placcato potevano essere decorate con l'abrasione
dello strato colorato, per cui era possibile avere due colori
da un'unico pezzo di vetro, senza ricorrere perciò alla piombatura
altrimenti necessaria di due piccole tessere vitree.
Rondelle
Le
rondelle di vetro, utilizzate incolori per comporre direttamente
le vetrate o per ricavarne le piccole tessere colorate che composte
davano le figure e i disegni nelle vetrate, si fabbricavano soffiando,
alla misura voluta, una palla di vetro, roteandola con una certa
velocità e appiattendola con una larga spatola di legno bagnato,
riscaldandola e ripetendo l'operazione con rapidità. Si otteneva
alla fine un disco che presenterà al centro un "occhio" di colore
più intenso e di maggiore spessore.
Trattati
e ricettari
Esistono
preziosi trattati sulla fabbricazione del vetro, e delle vetrate
scritti in varie epoche; tra i più importanti ricordiamo il trattato
di Plinio del 77 d.C., La storia naturale, in cui nel capitolo 26
del libro XXXVI viene descritta la storia delle origini del vetro
e le conoscenze relative alla sua fabbricazione, il trattato "De
varibus Artibus" di Teofilo del XIII secolo, il trattato di Antonio
da Pisa sulle vetrate del XIV secolo, il libro di Antonio Neri sull'arte
vetraria del 1652, il ricettario Darduin del XVII secolo.